PERCHÉ L'ARGILLA S'INDURISCE?
Argilla è un termine generico che abbraccia sostanze minerali variamente composte a grana molto fine che, impastate con acqua, danno come risultato una massa plasmabile e capace di mantenere forma e coesione anche dopo l'essiccamento.
I componenti fondamentali dell'argilla sono il silicio e l'alluminio uniti assieme sotto forma di silicati idrati di alluminio contenenti talora anche ferro, magnesio, potassio, calcio, sodio etc.
Le caratteristiche precipue dei minerali argillosi sono dunque la plasticità e la capacità di acquistare o di perdere facilmente acqua; e le argille, a seconda della maggiore o minore quantità di minerale argilloso che contengono, si dividono in argille grasse e argille magre.
Per quanto riguarda la loro origine e la loro formazione esse sono generalmente di natura sedimentaria e, a seconda del luogo d'origine, si dividono in argille marine, lacustri, fluviali, moreniche e così via.
Il grado di coesione dell'argilla, dopo l'essiccamento, dipende dalla quantità di minerale argilloso che esse contengono e in rapporto alla percentuale di questo variano le proprietà tecniche e i loro principali impieghi.
Moltissime sono le utilizzazioni pratiche delle argille: quelle comunemente chiamate «caolini» vengono impiegate per la fabbricazione di porcellane; altre, dette argille refrattarie poiché posseggono un elevato punto di fusione (oltre 1700 gradi) vengono usate come terra da fonderia; le argille comuni, infine, sono impiegate, come abbiamo visto in precedenza, per la fabbricazione dei laterizi e del cemento.
PERCHÉ LE PIETRE PREZIOSE VENGONO SFACCETTATE?
Parlando delle pietre preziose abbiamo detto che la loro preziosità è il risultato di fattori diversi quali la rarità e la durezza in primo luogo, quindi la lucentezza, la trasparenza, l'omogeneità della tinta... e così via. Uno dei fattori determinanti il pregio di una pietra preziosa e senza dubbio la lucentezza, che le deriva dall'elevato indice di rifrazione proprio di determinati cristalli.
Le pietre preziose usate a scopo ornamentale vengono oggi tagliate in modo da valorizzare questa loro caratteristica fondamentale, a mettere in risalto, dando loro una forma che favorisca i giochi di luce, tutti i pregi di lucentezza e di colore e in modo da scartare le eventuali parti difettose. Tale pratica è abbastanza recente poiché un tempo (e ciò avviene ancora in Oriente) la cura maggiore nella lavorazione delle pietre preziose era posta nel conservare nel taglio il più possibile, a scapito della bellezza della pietra.
I tagli più comunemente applicati sono quello «a brillante» e quello «a rosa».
Il primo riduce la pietra a due tronchi di piramide uniti per la base maggiore, le cui facce laterali vengono poi tagliate in faccette triangolari. Il secondo, quello a rosa, è costituito da una sola piramide con i lati tagliati a faccette triangolari. In ambedue i casi le dimensioni delle piramidi e delle facce devono seguire precise leggi, rispettare esatte proporzioni, in modo che la scomposizione della luce nell'interno della pietra non avvenga disordinatamente ma offra invece il miglior risultato possibile.
La lavorazione delle pietre preziose comporta operazioni delicatissime: essa ha inizio con le operazioni di sgrossatura in cui la pietra grezza viene ridotta nella forma prossima a quella definitiva, eliminando per mezzo di seghe metalliche a filo o a disco le eventuali imperfezioni.
La sfaccettatura viene effettuata premendo la pietra contro un disco metallico in rapidissima rotazione, umettato da una miscela di polvere di diamante ed olio.
Questa è l'operazione più delicata e viene effettuata fissando la pietra su opportuni congegni che consentono di regolare ad arte la pressione della pietra sul disco.
Si passa infine alla pulitura ed alla lucidatura usando polvere di tripoli, pomice e simili, finché la pietra non ha raggiunto il punto di lucentezza massimo.
PERCHÉ I POMPIERI USANO TUTE D'AMIANTO?
L'amianto (dal latino «amiantus» incorruttibile) è una varietà di Serpentino (silicato acido di magnesio) che si presenta formato da un insieme di fibre sottilissime e flessibili. Alla già particolare costituzione aggiunge una notevolissima resistenza alla combustione ed alla fusione.
Prestandosi ad essere filato e tessuto come una normale fibra vegetale o animale, l'amianto è usato per fabbricare tele e tessuti incombustibili utilizzati poi come sipari tagliafuoco, tute per pompieri, guarnizioni per tenute di vapore o di acqua calda... e così via.
Oltre al fuoco, l'amianto resiste anche all'azione erosiva delle sostanze chimiche e viene anche utilizzato perciò per filtri e guarnizioni nell'industria chimica.
L'amianto ha anche un altro nome che richiama le sue virtù: asbesto. Anch'esso deriva dal latino e significa «inestinguibile».
PERCHÉ CERTE PIETRE SI CHIAMANO CRISTALLI?
Più volte abbiamo avuto occasione di parlare dei cristalli e delle loro straordinarie proprietà.
Abbiamo visto come un prisma di cristallo scomponga la luce nei sette colori dell'iride, come sia proprio grazie ad un cristallo (rubino) che l'uomo produca il «raggio-laser» e come, grazie all'effetto piezoelettrico dei cristalli, egli sia riuscito a costruire un semplice ed efficientissimo microfono.
Poco si conosce intorno al processo di cristallizzazione: grazie a particolari condizioni di temperatura e di pressione, comunque, nella solidificazione di una massa fusa, ad esempio, si formano «germi di cristallo», raggruppamenti regolari di atomi che si sviluppano seguendo la forma caratteristica del poliedro e dando origine ai cristalli veri e propri, la cui composizione presenta generalmente caratteri di omogeneità fisica e chimica.
La forma poliedrica dei cristalli non è dunque casuale ma naturale conseguenza della velocità di accrescimento che nelle sostanze cristalline si manifesta con valori non uguali in tutte le direzioni ma variabili e discontinui: un cristallo, infatti, che abbia le facce equidistanti dal centro, è estremamente raro in natura!
Tra le proprietà dei cristalli particolarmente importanti sono quelle relative alla propagazione della luce (rifrazione, riflessione, assorbimento etc. poiché sulla loro determinazione si basa il riconoscimento dei minerali, pur se di grandezza microscopica, senza ricorrere ad analisi chimiche.
1) Oro su rodocrosite; 2) Cristalli di zolfo
PERCHÉ IL MERCURIO È UN METALLO LIQUIDO?
Tutti i corpi esistenti in natura si presentano in tre diversi stati di aggregazione: possono essere, cioè, solidi, liquidi o gassosi. La loro condizione dipende dalla maggiore o minore coesione esistente tra le molecole. Abbiamo così i solidi in cui lo stato di aggregazione è caratterizzato da una forte coesione tra le molecole: essi perciò presentano una forma ben precisa, una certa durezza ed una certa indeformabilità.
Minor coesione hanno le molecole dei liquidi che si presentano mobili e sfuggenti, tanto che occorre contenerli in recipienti solidi affinché non si disperdano. Scarsissima coesione presentano infine le molecole dei gas che tendono spontaneamente a disperdersi ed a riempire tutto lo spazio vuoto disponibile.
Questa è la suddivisione che abbraccia tutto ciò che di «fisico» esiste. Ma alla Natura piace sovente mostrare delle eccezioni. Una delle più vistose è il mercurio che, pur essendo un metallo, non è un solido come tutti i metalli, bensì un liquido. Il mercurio, infatti, ha tutte le caratteristiche generiche che contraddistinguono i metalli, ma una debole coesione molecolare, tanto da dover essere considerato un metallo liquido. D'altra parte, come liquido, presenta una eccessiva coesione molecolare ed un comportamento, per un liquido, eccezionale.
Se versiamo, infatti, dell'acqua su un tavolo, questa prende a scorrere allargandosi e bagnando una certa superficie. Se invece versiamo del mercurio, questo non solo non bagna la superficie del tavolo ma tende a concentrarsi e ad assumere una forma sferica. Ciò è naturalmente dovuto alla notevole coesione molecolare, maggiore di quella che caratterizza i liquidi veri e propri.
Il mercurio si estrae dal cinabro (solfuro di mercurio), per arrostimento, facendone condensare i vapori. I suoi impieghi sono molteplici: oltre che nei termometri, nei barometri e così via, viene usato in certe lampade sotto forma di vapore, in farmacia e in medicina, per le sue proprietà antimicrobiche.
PERCHÉ L'ORO È UN METALLO PREZIOSO?
Cosi come per le pietre preziose ed ogni altra cosa rara, anche per l'oro la condizione fondamentale del suo pregio è la rarità, unita naturalmente a particolari caratteristiche fisiche e chimiche.
L'oro è un metallo dal caratteristico colore giallo, di numero atomico 79 e di peso atomico 197,2. Fonde a 1063 gradi e bolle a circa 2600 gradi. Molto duttile e malleabile, si può ridurre in fogli sottilissimi, di spessore inferiore al microm All'aria non viene attaccato dall'ossigeno, non si ossida, cioè, né viene attaccato dalla maggior parte degli acidi.
Per questa sua notevole resistenza alla corruzione, ai numerosi attacchi operati dai molteplici agenti d'erosione esterni, è il metallo che, insieme all'argento, allo stato puro o in lega, maggiormente si presta a costituire una durevole merce di scambio: la moneta.
L'oro è con ogni probabilità il primo metallo conosciuto dall'uomo: la sua esistenza allo stato nativo, il suo attraente colore e la sua stabilità nei confronti degli agenti atmosferici devono aver attirato l'attenzione dell'uomo primitivo: tracce che testimoniano l'uso dell'oro fin dalla preistoria sono state rinvenute nei resti di civiltà sconosciute, in suppellettili, monili e oggetti d'uso comune, prove che dimostrano come fin dai tempi più antichi l'uomo abbia avuto coscienza della preziosità di questo metallo.
L'oro è abbastanza largamente distribuito in natura: l'oro nativo è quasi sempre argentifero e si presenta raramente in cristalli isolati. Più spesso si può trovare in scaglie, in granuli o in «pepite» formatesi per rotolamento.
I giacimenti auriferi si distinguono in primari, costituiti prevalentemente da filoni quarzosi in cui l'oro è contenuto spesso in grande dispersione; e in secondari, costituiti da depositi alluvionali originatisi in seguito al disfacimento di rocce aurifere: in questi depositi l'oro si rinviene concentrato al fondo delle masse detritiche nei punti in cui col diminuire della velocità di trasporto s'è potuto depositare, grazie al suo alto peso specifico per effetto della forza di gravità.